Elezioni amministrative, pronto il rush finale…prepariamoci all’invasione social dei candidati!

Tempo fa vi ho parlato di un pericoloso rischio di overdose elettorale per i cittadini siciliani, impegnati in ben tre consultazioni elettorali a distanza di pochi mesi. A giugno, salvo imprevisti, si chiuderà finalmente il cerchio di questa terrificante campagna elettorale continua.

Per capire la situazione in cui ad esempio si troveranno i votanti di un comune medio-piccolo come Siracusa, basta fare qualche semplice calcolo.

Ad oggi, sono state ufficializzate o quasi 12 candidature alla carica di Primo Cittadino. Ipotizzando il sostegno di almeno due liste per candidato (qualcuno, come i 5 stelle, ne avrà una, altri però più di 2), si possono stimare circa 24 liste piene di aspiranti consiglieri comunali; considerando infine che ogni lista deve ospitare 32 persone, cioè il numero massimo di consiglieri eleggibili, ecco ottenuto il conto dei candidati possibili per questa tornata amministrativa, ben 768!

Con un tale esercito di persone che hanno ambizioni politiche, è evidente che i profili social degli abitanti della piccola cittadina di Archimede (e pure la mia, più modestamente) si preparano ad essere bersagliati da un’agghiacciante sequela di slogan e messaggi promozionali autogestiti tali da far accapponare la pelle.

C’è la convinzione diffusa infatti che la campagna elettorale sui Social, anche per diventare un semplice consigliere comunale di Siracusa si debba fare sullo stile di Trump, magari sperando nella collaborazione della “Cambridge Analytica” di turno.

Premesso che in realtà per profilare i siracusani basta molto meno, quello che a molti maghi del marketing politico sfugge è che quanto meno nella nostra città, ma io credo anche nel resto d’Italia, sui social la campagna elettorale di certo non si può vincere, ma di sicuro si può perdere.

I voti infatti, come sanno i vecchi volponi della politica, vanno cercati casa per casa, parlando con i cittadini, instaurando un dialogo autentico che non può essere basato sulle false promesse, alle quali nessuno crede più, ma sul reale impegno. Ad esclusione del voto ai 5 stelle, dato per evidenti motivi di frustrazione spesso ignorando addirittura l’identità dei candidati, tutti gli altri aspiranti consiglieri devono coltivare il proprio elettorato di presenza, non online.

Tuttavia, basta una reazione scomposta, un post sbagliato o un’uscita fuori dalle righe sui social per danneggiare anche in maniera grave la propria immagine, facendo perdere la fiducia nel proprio candidato.

Sui social network è dunque fondamentale produrre contenuti coerenti con il proprio pensiero e la propria impostazione politica, restando equilibrati e affrontando eventuali critiche sempre col sorriso, smorzando sul nascere ogni polemica. Bisogna essere fattivi, concreti, autentici, bisogna dare motivi di orgoglio ai propri elettori che potranno condividere con soddisfazione le proposte del candidato sostenuto.

Se si affronta la campagna elettorale online in questo modo, quasi sicuramente non solo non si perderanno voti ma c’è addirittura il rischio di rintracciarne qualcuno non previsto.

In bocca al lupo a tutti allora, soprattutto a noi cittadini che dovremo scegliere a chi affidare il nostro futuro!

Se questo è un voto

Sono un po’ scettico verso chi parla oggi, a mente fredda, di un’Italia vittima del voto di protesta. In realtà, secondo me, il quadro politico di oggi rappresenta esattamente le condizioni di questa nazione. Ed è inutile dire che sono pietose.

Ingovernabilità. L’Italia, come molti millennials e/o “ignorantias” non sanno, non è mai stata una repubblica a vocazione maggioritaria. Al contrario, noi italiani siamo sempre stati terreno fertile per partitini, movimenti, scissioni e controscissioni talmente insignificanti da diventare invece fondamentali per gli equilibiri delle varie maggioranze di governo. Siamo stati e sempre resteremo insomma, nonostante i tentativi berlusconiani, un Paese proporzionale fino al midollo. In un contesto come quello attuale dunque, l’ingovernabilità era ampiamente prevedibile.

Incomunicabilità. La politica non riesce più a parlare alle persone. E quando ci riesce, parla al ventre, non al cuore o alla mente. L’amarezza ha preso il posto della disillusione, l’astio quello dell’amarezza e infine l’odio quello dell’astio. Ed oggi, l’intera comunicazione sul web (che poi è quella principale) è basata sull’odio verso qualcuno o qualcosa, sia esso il nero, il rumeno o il cugino fake della Boldrini arricchito. Non me ne voglia nessuno ma su questo campo l’attuale primo partito italiano – ma soprattutto l’azienda che ne tira le fila da anni – non ha fatto praticamente nulla, anzi ci ha pure discretamente marciato. Cosa che non ritengo assolutamente concepibile.

Ignoranza. E’ sempre lei la brutta bestia. Nel mio piccolo, in questa campagna elettorale, mi sono sbracciato non ad insegnare (non ne ho né titoli né competenze) ma semplicemente a riportare di volta in volta articoli della costituzione, leggi, regolamenti, prassi consolidate, tutte testimonianze in teoria inappuntabili utilizzate per smentire la mostruosa mole di inesattezze condivise online da centinaia di migliaia di persone. Tutto ovviamente inutile. L’ignoranza abissale di cui soffre l’Italia, certificata da numerosi studi, ha portato al voto milioni di persone senza capire la reale percezione di quello che stessero facendo. Questo non significa che il risultato elettorale sia dipeso dall’ignoranza delle persone, ci mancherebbe. Ma evidentemente c’è qualcosa che non va.
Mi piacerebbe un giorno un corso obbligatorio di educazione civica, magari gratuito per tutti, nel quale rinfrescare un po’ la memoria ai cittadini, chi scrive in primis, ma chi governa e chi legifera in secundis.

Incapacità. Nel valutare per chi votare, il parametro della capacità è stato declassato e al suo posto è stato elevato quello della presunta onestà. Con una battuta, si è detto in campagna elettorale che la sfida fosse tra “i buoni a nulla” e i “capaci di tutto”. In un mondo ideale, sarebbe bello ipotizzare 1000 parlamentari capaci e onesti, ma questo presupporrebbe l’intera popolazione italiana fatta soltanto da gente capace e onesta. Poiché ciò non è possibile, è evidente che anche i rappresentanti di un popolo non totalmente capace e onesto avranno al suo interno una discreta percentuale di parlamentari incapaci e/o disonesti. Questa non è un’opinione, è una certezza. Tanto vale accettarlo subito. Personalmente, dovendo per forza scegliere tra un incapace onesto e un capace disonesto, non avendo terze vie (se non in rari e meravigliosi casi), opto senza indugi sul secondo. Forse così prima di essere arrestato e scontare la sua pena, questo immaginario ladro gentiluomo riesce pure a risolvere qualche problema.

Smemoratezza. Moltissime persone semplicemente vivono come se fossero una memoria Ram: la sera, a letto, resettano tutto per poi ricominciare ad immagazzinare ricordi dal giorno dopo. Altrimenti, semplicemente, non si potrebbero spiegare alcuni flussi di voti, in uscita o in entrata. Tuttavia, citando il maestro Montanelli, “un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente”. E la massima vale anche per il recente passato.

Intolleranza. Su questo c’è ormai poco da dire. Discriminazioni di genere, sessuali, politiche, razziali, religiose riempiono ogni giorno le pagine dei giornali. Il confronto elettorale è diventato aspro, cattivo, anche in certi casi violento e pericoloso. E qualcuno, purtroppo, ha continuato a fomentarlo.

Scusate la lunghezza, ma mi sono sfogato. Queste elezioni ci consegnano un’Italia frammentata, illusa (sì, parlo proprio del reddito di cittadinanza, definito impossibile da tutti gli analisti) e ancora più incattivita.
Mi affido però con fiducia al nostro Presidente della Repubblica. Un siciliano pragmatico e riflessivo che, ne sono certo, farà la scelta giusta.