Passione, adrenalina, stress: tutto il bello della campagna elettorale!

Diciamolo francamente, la campagna elettorale, quando non sei tu il candidato e quando lo stesso concetto di politica non ti fa schifo, è davvero una cosa figa.

Dopo qualche anno di esperienza, posso tranquillamente dire che la parte più bella della preparazione ad un’elezione è incontrare e conoscere gente nuova. Sono le storie, da buon giornalista, quelle che mi colpiscono di più.

Alcune sono disperate, non v’è dubbio. Altre sono di ordinaria quotidianità, altre ancora invece – purtroppo – sono meschine, fatte cioè da comparse che con la campagna elettorale sperano solo di lucrare qualcosa.

E’ evidente che in un contesto come quello degli ultimi anni, parlare di politica provoca in molte persone una fastidiosa orticaria; eppure, credetemi, in linea teorica non c’è niente di più nobile della politica. Il problema semmai, come noto, sono proprio i politici, per lo meno una discreta parte.

Non andare a votare però, nonostante tutto, è sempre la scelta sbagliata.

Per prima cosa, si lascia agli altri la delega di un diritto/dovere civico che invece la Costituzione attribuisce a ciascun cittadino italiano maggiorenne. Questo significa che poi, se le cose non vanno bene, non abbiamo neppure il diritto di lamentarci.

Altra conseguenza, forse più grave, è quella di favorire i cosiddetti “voti di apparato”, ossia i voti strutturati, organizzati nelle segreterie politiche – quando va bene – o peggio dalla criminalità organizzata, se va malissimo. E’ evidente che un alto tasso di astensione incrementa l’incidenza di questo tipo di voti mentre una grande partecipazione democratica non può che “diluirne” la portata.

Infine, ma non per importanza, c’è la questione che io chiamo, magari impropriamente, “morale”.
Non riesco infatti a sminuire un gesto come quello del voto, è più forte di me: mi vengono in mente lotte democratiche, Paesi nel caos, vittime innocenti. Non esercitare questo diritto dunque, mi fa sentire un po’ in colpa.

Ma forse, quello strano, sono io.

Cari amici siciliani, andate dunque a votare il prossimo 5 novembre: leggete i programmi, guardate le esperienze, ascoltate i candidati e alla fine, votate!

Il triplo stress delle vacanze di un freelance

Un freelance, lo sanno tutti, è un essere pressoché umano, quasi umano direi, quanto meno in ambito lavorativo.

Egli (o ella) lavora mediamente dalle 10 alle 14 ore al giorno e, nella restante parte della giornata, si sente in colpa perché non lavora e ha persino sprecato qualche ora per dormire.

Subisce solitamente in estate un triplo stress: il primo, perché vede tutti i suoi contatti di Facebook impegnati a lamentarsi durante l’anno e poi invece ad agosto sono improvvisamente in giro per il mondo a cazzeggiare di lusso, stile Gianluca Vacchi, fatto che ci fa dubitare sulle scelte di vita compiute fino a quel giorno.

Il secondo stress è invece quella settimana di vacanza che a forza ci prendiamo, costretti magari da compagne/i e/o consorti: già dal primo giorno ci sentiamo maledettamente in colpa, a pensare a quanti arretrati potremmo sbrigare se invece di stare in questo cacchio di mare fossimo con il nostro fido PC o Mac.

L’ultimo stress è invece il più classico, quello da rientro che però nel nostro caso viene enfatizzato al massimo proprio perché il settimo giorno di vacanza è stato quello senza sensi di colpa…e mannaggia, il giorno dopo ci tocca rientrare!

Cari amici, cari colleghi, a questo punto non mi resta che darvi un consiglio: rilassatevi finché potete! E ricordatevi che mentre noi ci sentiamo in colpa per un giorno di vacanza, il nostro committente posticipa in maniera indefinita il suo bonifico…a sto punto, tanto vale godersela questa meritata vacanza!

(Ma col bonifico versato sarebbe stata più bella)