Elezioni amministrative, pronto il rush finale…prepariamoci all’invasione social dei candidati!

Tempo fa vi ho parlato di un pericoloso rischio di overdose elettorale per i cittadini siciliani, impegnati in ben tre consultazioni elettorali a distanza di pochi mesi. A giugno, salvo imprevisti, si chiuderà finalmente il cerchio di questa terrificante campagna elettorale continua.

Per capire la situazione in cui ad esempio si troveranno i votanti di un comune medio-piccolo come Siracusa, basta fare qualche semplice calcolo.

Ad oggi, sono state ufficializzate o quasi 12 candidature alla carica di Primo Cittadino. Ipotizzando il sostegno di almeno due liste per candidato (qualcuno, come i 5 stelle, ne avrà una, altri però più di 2), si possono stimare circa 24 liste piene di aspiranti consiglieri comunali; considerando infine che ogni lista deve ospitare 32 persone, cioè il numero massimo di consiglieri eleggibili, ecco ottenuto il conto dei candidati possibili per questa tornata amministrativa, ben 768!

Con un tale esercito di persone che hanno ambizioni politiche, è evidente che i profili social degli abitanti della piccola cittadina di Archimede (e pure la mia, più modestamente) si preparano ad essere bersagliati da un’agghiacciante sequela di slogan e messaggi promozionali autogestiti tali da far accapponare la pelle.

C’è la convinzione diffusa infatti che la campagna elettorale sui Social, anche per diventare un semplice consigliere comunale di Siracusa si debba fare sullo stile di Trump, magari sperando nella collaborazione della “Cambridge Analytica” di turno.

Premesso che in realtà per profilare i siracusani basta molto meno, quello che a molti maghi del marketing politico sfugge è che quanto meno nella nostra città, ma io credo anche nel resto d’Italia, sui social la campagna elettorale di certo non si può vincere, ma di sicuro si può perdere.

I voti infatti, come sanno i vecchi volponi della politica, vanno cercati casa per casa, parlando con i cittadini, instaurando un dialogo autentico che non può essere basato sulle false promesse, alle quali nessuno crede più, ma sul reale impegno. Ad esclusione del voto ai 5 stelle, dato per evidenti motivi di frustrazione spesso ignorando addirittura l’identità dei candidati, tutti gli altri aspiranti consiglieri devono coltivare il proprio elettorato di presenza, non online.

Tuttavia, basta una reazione scomposta, un post sbagliato o un’uscita fuori dalle righe sui social per danneggiare anche in maniera grave la propria immagine, facendo perdere la fiducia nel proprio candidato.

Sui social network è dunque fondamentale produrre contenuti coerenti con il proprio pensiero e la propria impostazione politica, restando equilibrati e affrontando eventuali critiche sempre col sorriso, smorzando sul nascere ogni polemica. Bisogna essere fattivi, concreti, autentici, bisogna dare motivi di orgoglio ai propri elettori che potranno condividere con soddisfazione le proposte del candidato sostenuto.

Se si affronta la campagna elettorale online in questo modo, quasi sicuramente non solo non si perderanno voti ma c’è addirittura il rischio di rintracciarne qualcuno non previsto.

In bocca al lupo a tutti allora, soprattutto a noi cittadini che dovremo scegliere a chi affidare il nostro futuro!

Se questo è un voto

Sono un po’ scettico verso chi parla oggi, a mente fredda, di un’Italia vittima del voto di protesta. In realtà, secondo me, il quadro politico di oggi rappresenta esattamente le condizioni di questa nazione. Ed è inutile dire che sono pietose.

Ingovernabilità. L’Italia, come molti millennials e/o “ignorantias” non sanno, non è mai stata una repubblica a vocazione maggioritaria. Al contrario, noi italiani siamo sempre stati terreno fertile per partitini, movimenti, scissioni e controscissioni talmente insignificanti da diventare invece fondamentali per gli equilibiri delle varie maggioranze di governo. Siamo stati e sempre resteremo insomma, nonostante i tentativi berlusconiani, un Paese proporzionale fino al midollo. In un contesto come quello attuale dunque, l’ingovernabilità era ampiamente prevedibile.

Incomunicabilità. La politica non riesce più a parlare alle persone. E quando ci riesce, parla al ventre, non al cuore o alla mente. L’amarezza ha preso il posto della disillusione, l’astio quello dell’amarezza e infine l’odio quello dell’astio. Ed oggi, l’intera comunicazione sul web (che poi è quella principale) è basata sull’odio verso qualcuno o qualcosa, sia esso il nero, il rumeno o il cugino fake della Boldrini arricchito. Non me ne voglia nessuno ma su questo campo l’attuale primo partito italiano – ma soprattutto l’azienda che ne tira le fila da anni – non ha fatto praticamente nulla, anzi ci ha pure discretamente marciato. Cosa che non ritengo assolutamente concepibile.

Ignoranza. E’ sempre lei la brutta bestia. Nel mio piccolo, in questa campagna elettorale, mi sono sbracciato non ad insegnare (non ne ho né titoli né competenze) ma semplicemente a riportare di volta in volta articoli della costituzione, leggi, regolamenti, prassi consolidate, tutte testimonianze in teoria inappuntabili utilizzate per smentire la mostruosa mole di inesattezze condivise online da centinaia di migliaia di persone. Tutto ovviamente inutile. L’ignoranza abissale di cui soffre l’Italia, certificata da numerosi studi, ha portato al voto milioni di persone senza capire la reale percezione di quello che stessero facendo. Questo non significa che il risultato elettorale sia dipeso dall’ignoranza delle persone, ci mancherebbe. Ma evidentemente c’è qualcosa che non va.
Mi piacerebbe un giorno un corso obbligatorio di educazione civica, magari gratuito per tutti, nel quale rinfrescare un po’ la memoria ai cittadini, chi scrive in primis, ma chi governa e chi legifera in secundis.

Incapacità. Nel valutare per chi votare, il parametro della capacità è stato declassato e al suo posto è stato elevato quello della presunta onestà. Con una battuta, si è detto in campagna elettorale che la sfida fosse tra “i buoni a nulla” e i “capaci di tutto”. In un mondo ideale, sarebbe bello ipotizzare 1000 parlamentari capaci e onesti, ma questo presupporrebbe l’intera popolazione italiana fatta soltanto da gente capace e onesta. Poiché ciò non è possibile, è evidente che anche i rappresentanti di un popolo non totalmente capace e onesto avranno al suo interno una discreta percentuale di parlamentari incapaci e/o disonesti. Questa non è un’opinione, è una certezza. Tanto vale accettarlo subito. Personalmente, dovendo per forza scegliere tra un incapace onesto e un capace disonesto, non avendo terze vie (se non in rari e meravigliosi casi), opto senza indugi sul secondo. Forse così prima di essere arrestato e scontare la sua pena, questo immaginario ladro gentiluomo riesce pure a risolvere qualche problema.

Smemoratezza. Moltissime persone semplicemente vivono come se fossero una memoria Ram: la sera, a letto, resettano tutto per poi ricominciare ad immagazzinare ricordi dal giorno dopo. Altrimenti, semplicemente, non si potrebbero spiegare alcuni flussi di voti, in uscita o in entrata. Tuttavia, citando il maestro Montanelli, “un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente”. E la massima vale anche per il recente passato.

Intolleranza. Su questo c’è ormai poco da dire. Discriminazioni di genere, sessuali, politiche, razziali, religiose riempiono ogni giorno le pagine dei giornali. Il confronto elettorale è diventato aspro, cattivo, anche in certi casi violento e pericoloso. E qualcuno, purtroppo, ha continuato a fomentarlo.

Scusate la lunghezza, ma mi sono sfogato. Queste elezioni ci consegnano un’Italia frammentata, illusa (sì, parlo proprio del reddito di cittadinanza, definito impossibile da tutti gli analisti) e ancora più incattivita.
Mi affido però con fiducia al nostro Presidente della Repubblica. Un siciliano pragmatico e riflessivo che, ne sono certo, farà la scelta giusta.

Overdose elettorale

Una piccola considerazione prima che da “addetto ai lavori” da cittadino: in Sicilia soprattutto, ma anche nel resto d’Italia, si rischia seriamente un’overdose elettorale.

E’ da poco finito il caos delle elezioni regionali siciliane, con alcuni ricorsi che ancora pendono ma soprattutto con il governo dell’Isola alle prese sia con problemi atavici e di difficile soluzione (vedi bilancio o gestione dei rifiuti), sia con le solite beghe interne di un Centrodestra che per certi versi somiglia davvero al Centrosinistra, soprattutto quando c’è da pugnalare alle spalle alleati scomodi.

In attesa del 4 marzo, data delle prossime Politiche, ogni tipo di media, inclusi i cartelloni 6×3 nelle strade, ci stanno già bombardando di promesse irrealizzabili, di slogan improbabili, di impegni irresponsabili.

Ma nel “sottobosco” politico locale, covano soprattutto le mire di chi ambisce ad un posto nelle amministrazioni locali, in previsioni delle Elezioni Amministrative che con tutta probabilità si svolgeranno a maggio. Un esercito di aspiranti sindaci e consiglieri comunali, pronti a combattere fino all’ultima preferenza, disposti a ricoprire di volantini e “santini” superfici pari a quelle della tundra artica.

Si tratta insomma di un filotto elettorale che ha del terrificante, in grado di dare il colpo di grazia anche a quella piccola parte di elettorato che ancora a votare ci va, soprattutto se il livello delle campagne elettorali si conferma così squallidamente triste e privo di contenuti.

E’ necessario, come diceva ieri il mio amico Valerio che ci si dia tutti una bella calmata: torniamo a parlare di contenuti e non di slogan, torniamo a spiegare le nostre proposte e non a demonizzare gli avversari, torniamo insomma alla vera Politica.

Perché se è vero che non si può immaginare la rappresentanza democratica di uno Stato Sovrano affidata ai click di un sistema informatico, è anche vero che di cialtronate in questi anni ne abbiamo sentite fin troppe. Un bagno di umiltà ma soprattutto di realtà della politica forse troverebbe più consenso negli elettori, contribuendo a ridurre la voglia – non giustificabile, ma di certo non biasimabile – di stracciare una volta per tutte la tessera elettorale.

Interessanti prospettive per il futuro

Il 2017 appena concluso è stato per me un anno di passaggio fondamentale, una sorta di rampa di lancio per tutta una serie di progetti che oltre a vedermi protagonista, in modi diversi, avranno strascichi importanti in questo 2018. O almeno lo spero!

Come forse qualcuno ormai saprà, in questi ultimi tempi sono sostanzialmente due gli ambiti principali sui quali ho focalizzato la mia attività professionale e cioè la comunicazione politico-istituzionale e quella enogastronomica. La mia passione iniziale, quella legata alla tecnologia e ai videogiochi ha dovuto per forza di cose subire un declassamento a hobby, anche se il mio cuore palpita sempre a 8 bit!

Dopo aver contribuito a far vincere una difficilissima elezione regionale, grazie ovviamente ad un candidato con idee valide e credibili come Giovanni Cafeo ma soprattutto ad una squadra veramente fortissima e completa, è evidente che il lavoro fatto non poteva essere abbandonato o peggio buttato via; nel corso del 2018 quindi mi ritroverete certamente impegnato a raccontare dall’interno le vicissitudini dell’Assemblea Regionale Siciliana, con occhio un po’ di parte – e ci mancherebbe – ma mai appiattito, anzi al contrario sempre attento e se necessario anche critico.

Altra grande soddisfazione del 2017 è stato il rapporto creato con CNA Siracusa, una realtà associativa pazzesca, quasi da non credere per chi dall’esterno vede all’opera un team preparato, una macchina pressoché perfetta che con il duro lavoro di tutti va davvero a colmare quasi ogni lacuna.
Mi piace pensare – scusate la megalomania, ma è pur sempre il mio blog personale eh! – di aver contribuito con la mia presenza a colmare forse l’unica piccola lacuna presente in questa grande famiglia, quella legata alla comunicazione online e offline. E se in effetti dovessimo far parlare i numeri, quelli di CNA e quelli dei 10 Minuti con CNA insieme al grandissimo Gianpaolo Miceli, allora potrei davvero ritenermi soddisfatto!
Il 2017 si è chiuso infine con l’exploit del Panettour, l’assaggio dei panettoni artigianali preparati da 4 pasticcerie della provincia in diretta Facebook; l’auspicio è che simili iniziative si ripetano nel 2018 e, a giudicare dalle reazioni, credo proprio che sarà così.

Dal fronte enogastronomico non posso non citare la mia elezione nel direttivo dell’ONAV di Siracusa, l’associazione dei degustatori di vino che tanti eventi di successo organizza in città, guidata magistralmente dalla delegata – e amica – Teresa Gasbarro.
Sempre a proposito di vino, anche in questo 2017 il mio faccione ha fatto da cornice a Calici di Stelle, l’evento che ogni 10 agosto esalta le eccellenze del Sudest di Sicilia; non nascondo la speranza di esserci anche il prossimo anno!

Un anno molto intenso anche quello passato insieme alle Cantine Gulino che in occasione dei 2750 anni di Siracusa hanno proposto un’edizione speciale del loro “best seller” Don Nuzzo, il Moscato di Siracusa pluripremiato in tutto il mondo. Vi accompagneremo ancora insieme un altro anno, con tanti premi, eventi e degustazioni memorabili!

Chiudo con una piccola delusione, legata alle sorti del magazine di settore Gusto News. Purtroppo gestire un giornale non è cosa facile, neppure per un potenziale campione di letture come Gusto News. Servono tempo, risorse umane ed economiche, passione, impegno, serietà. Ma soprattutto, serve avere tutte queste cose in contemporanea.
Anche su questo fronte però, le cose sembrano muoversi, seppur lentamente. Magari il 2018 potrebbe finalmente essere l’anno giusto, perché anche in ambito enogastronomico l’informazione non può che essere affidata a chi se ne occupa per mestiere, senza improvvisare.

Buon 2018 a tutti voi dunque! Vi auguro tanta fortuna ma soprattutto di esprimere al meglio le vostre potenzialità negli ambiti a voi più congeniali, senza mai dimenticare un pizzico di ironia.

Tutti i numeri di una campagna elettorale vittoriosa

Ecco il genere di post che appassiona davvero tante persone! Come forse qualcuno di voi avrà già saputo, ho lavorato in questi ultimi mesi alla campagna elettorale per un candidato alle elezioni regionali della mia provincia, quella di Siracusa, curando la comunicazione sia dal punto di vista dei rapporti con la stampa sia sui social media, terreno insidioso dove come noto le campagna elettorali non si vincono ma di sicuro si possono perdere.

Alla fine è andata bene, il candidato è stato eletto e in generale tutto il team, incluso il sottoscritto, si è trovato abbastanza d’accordo nel ritenere efficace la campagna comunicativa messa in atto.

Forti di questa vittoria, voglio oggi svelarvi tutti i numeri di questa campagna elettorale e affidarla al vostro commento!

N. B.: pur essendo presenti anche su Twitter e Instagram, per comodità e per importanza dei dati, riferiremo soltanto le statistiche registrate su Facebook per la sola pagina ufficiale del candidato nei tre mesi dal 5 settembre al 3 novembre 2017, fine formale della campagna elettorale.

  • Post pubblicati: 134
  • Visualizzazioni totali: 595.430
  • Visualizzazione media per post: 4.444
  • Interazioni totali: 8911
  • Interazioni medie per post: 66,5
  • Statistiche per genere e fasce d’età:

67% uomini, 32,3% donne

24,7% 35-44 anni

24% 45-54 anni

22% 25-34 anni

7,2% 18-24

7% 65+

  • Visualizzazioni video: 28.400
  • Costo totale delle campagne a pagamento: 380 €

Passando invece alla produzione di contenuto testuale per il sito ufficiale del candidato, abbiamo i seguenti dati:

  • 27 articoli pubblicati
  • 2 comunicati stampa inviati
  • Media di lettori unici ad articolo: oltre 1200

Una curiosità infine: è stata anche creata un’app ufficiale del candidato per Android e iOS, scaricata circa 100 volte.

E’ interessante notare come di fatto la comunicazione del candidato sia stata autogestita, affidata cioè essenzialmente a risorse interne sulle quali si è deciso di investire all’inizio, specifiche per settore, in grado di garantire un livello di professionalità quanto meno accettabile in ogni campo.

Avendo in squadra un grafico, un regista e operatore video, un fotografo, un webmaster, un giornalista, un social media manager , un team di sviluppo per App e un coordinatore bravo a gestire tutte queste risorse, la campagna elettorale diventa un microcosmo autonomo. Il risultato sarà quindi un premio o una punizione per tutto il team, dal candidato in giù.

Spero che le informazioni condivise vi siano state utili, resto a disposizione per eventuali chiarimenti!

Passione, adrenalina, stress: tutto il bello della campagna elettorale!

Diciamolo francamente, la campagna elettorale, quando non sei tu il candidato e quando lo stesso concetto di politica non ti fa schifo, è davvero una cosa figa.

Dopo qualche anno di esperienza, posso tranquillamente dire che la parte più bella della preparazione ad un’elezione è incontrare e conoscere gente nuova. Sono le storie, da buon giornalista, quelle che mi colpiscono di più.

Alcune sono disperate, non v’è dubbio. Altre sono di ordinaria quotidianità, altre ancora invece – purtroppo – sono meschine, fatte cioè da comparse che con la campagna elettorale sperano solo di lucrare qualcosa.

E’ evidente che in un contesto come quello degli ultimi anni, parlare di politica provoca in molte persone una fastidiosa orticaria; eppure, credetemi, in linea teorica non c’è niente di più nobile della politica. Il problema semmai, come noto, sono proprio i politici, per lo meno una discreta parte.

Non andare a votare però, nonostante tutto, è sempre la scelta sbagliata.

Per prima cosa, si lascia agli altri la delega di un diritto/dovere civico che invece la Costituzione attribuisce a ciascun cittadino italiano maggiorenne. Questo significa che poi, se le cose non vanno bene, non abbiamo neppure il diritto di lamentarci.

Altra conseguenza, forse più grave, è quella di favorire i cosiddetti “voti di apparato”, ossia i voti strutturati, organizzati nelle segreterie politiche – quando va bene – o peggio dalla criminalità organizzata, se va malissimo. E’ evidente che un alto tasso di astensione incrementa l’incidenza di questo tipo di voti mentre una grande partecipazione democratica non può che “diluirne” la portata.

Infine, ma non per importanza, c’è la questione che io chiamo, magari impropriamente, “morale”.
Non riesco infatti a sminuire un gesto come quello del voto, è più forte di me: mi vengono in mente lotte democratiche, Paesi nel caos, vittime innocenti. Non esercitare questo diritto dunque, mi fa sentire un po’ in colpa.

Ma forse, quello strano, sono io.

Cari amici siciliani, andate dunque a votare il prossimo 5 novembre: leggete i programmi, guardate le esperienze, ascoltate i candidati e alla fine, votate!

Il lavoro di merda non l’ha inventato Carpisa

Da qualche giorno il web si è giustamente indignato per una vergognosa proposta di stage targata Carpisa che partiva dal presupposto obbligatorio dell’acquisto di una sua borsa, soltanto dell’ultima collezione peraltro.

Mi sembra inutile tornare nel dettaglio sull’argomento, l’abbiamo capito tutti che è stata una letterale stronzata, un’ennesima conferma di quanto la dignità del lavoro in Italia raggiunga pressoché ogni giorno nuove vette verso il basso.

C’è da dire infatti che se indubbiamente l’eco mediatica di un marchio come Carpisa, leader tra le produzioni di borse di qualità non eccelsa, non poteva passare inosservata, ogni giorno centinaia di migliaia di giovani e meno giovani, freelance, partite iva subiscono soprusi simili se non addirittura più gravi, spesso nel più completo anonimato.

Gli esempi sono tantissimi: dai pagamenti a xxx giorni a quelli mai arrivati con scuse spesso meschine, confidando sul fatto che un’azione di recupero per somme troppo piccole alla fine non conviene farla perché costerebbe di più del credito da riscuotere; dagli incarichi dati a simpatia e tolti per antipatia a quelli promessi e mai visti, causa magari nel frattempo della rinuncia di altri lavori.

Ma non è tutto: pensate a chi vede sminuire il proprio lavoro, chiamato per “favori che risolvi in un minuto” ma che alla fine, sommati i minuti, rubano tempo ad altre possibilità di lavoro o di formazione.

Pensate a chi si trova sotto scacco, costretto ad accettare offerte ridicole per cercare di tirare avanti, ottenendo il doppio danno di aver svilito sé stesso e l’intera categoria di professionisti a cui appartiene.

Insomma, a Carpisa va forse il merito di aver scoperchiato la grande cloaca del lavoro atipico, dove avere dignità significa, in molti casi, restare sulla soglia della povertà, ma di sicuro non le si può addebitare il ruolo di creatore del lavoro di merda.

Quello, purtroppo, esiste già da parecchio tempo.

Il triplo stress delle vacanze di un freelance

Un freelance, lo sanno tutti, è un essere pressoché umano, quasi umano direi, quanto meno in ambito lavorativo.

Egli (o ella) lavora mediamente dalle 10 alle 14 ore al giorno e, nella restante parte della giornata, si sente in colpa perché non lavora e ha persino sprecato qualche ora per dormire.

Subisce solitamente in estate un triplo stress: il primo, perché vede tutti i suoi contatti di Facebook impegnati a lamentarsi durante l’anno e poi invece ad agosto sono improvvisamente in giro per il mondo a cazzeggiare di lusso, stile Gianluca Vacchi, fatto che ci fa dubitare sulle scelte di vita compiute fino a quel giorno.

Il secondo stress è invece quella settimana di vacanza che a forza ci prendiamo, costretti magari da compagne/i e/o consorti: già dal primo giorno ci sentiamo maledettamente in colpa, a pensare a quanti arretrati potremmo sbrigare se invece di stare in questo cacchio di mare fossimo con il nostro fido PC o Mac.

L’ultimo stress è invece il più classico, quello da rientro che però nel nostro caso viene enfatizzato al massimo proprio perché il settimo giorno di vacanza è stato quello senza sensi di colpa…e mannaggia, il giorno dopo ci tocca rientrare!

Cari amici, cari colleghi, a questo punto non mi resta che darvi un consiglio: rilassatevi finché potete! E ricordatevi che mentre noi ci sentiamo in colpa per un giorno di vacanza, il nostro committente posticipa in maniera indefinita il suo bonifico…a sto punto, tanto vale godersela questa meritata vacanza!

(Ma col bonifico versato sarebbe stata più bella)

Che fine ha fatto la buona educazione?

Colgo spunto da qualche episodio spiacevole successo a persone a me molto care per tornare a scrivere in questo trasandato blog; argomento del giorno è la buona educazione o, meglio, la mancanza di buona educazione.

L’incipit “ai miei tempi”, abbastanza odiato e inflazionato, suona quasi ridicolo in bocca a un 36 enne che la guerra di certo non l’ha fatta; eppure, purtroppo, in soltanto una generazione, le cose sembrano davvero peggiorate.

Qualche giorno addietro una mia cara amica, incinta di 8 mesi e con un bel pancione chiaramente indicatore del suo status, ha chiesto ad un noto bar nel centro storico di Siracusa, città eletta ormai da tutti i portali del mondo una delle mete turistiche più ambite, di poter usare il bagno. La prima risposta del signore presente (non sappiamo se il titolare o un suo dipendente) è stata già molto indicativa: “prima deve consumare!”. Alle proteste della prossima puerpera, il soggetto in questione ha inizialmente acconsentito all’uso del famigerato bagno.

All’uscita dai servizi però, la mia amica si è sentita apostrofare con una perentoria richiesta di 50 centesimi da pagare; “ma nessuno in città ha fatto mai pagare l’uso del bagno, specialmente ad una donna incinta!” ha spiegato la giovane futura mamma; “non è vero – ha risposto sempre il soggetto in questione – il bar……… (e nomina un famoso bar nelle vicinanze) – lo fa pagare.” “La devo smentire – lo gelò infine la mia amica – sono stata lì qualche giorno fa e sono stati invece gentilissimi”. Qui, a questo punto, arriva il tocco di grazia, la finezza che ci inorgoglisce in quanto discendenti di Archimede, eredi di Corinto, cultori della bellezza e dell’eleganza: “E allora si ni issi all’autru bar!” (Traduzione dal siciliano: e allora se ne torni pure nel bar dove non pagava!”).

Il gesto, inqualificabile, ha una difficile spiegazione, se non nell’assoluta mancanza di buona educazione da parte di questo “signore” (usiamo le virgolette), alla quale va aggiunta l’assenza di umanità, buon senso, sensibilità, correttezza. Il problema – torno a specificarlo – non riguarda nemmeno la richiesta dei 50 centesimi che si sarebbero potuti chiedere in ben altro modo, ma il tono da cafone maleducato che di fatto mette una croce sopra alla frequentazione di quel bar da parte di un bel gruppetto di persone, capeggiato da un non modesto consumatore come il sottoscritto.

Ma non è tutto.

In città – ma credo un po’ ovunque in Italia, anche se ovviamente non ne ho contezza diretta – è in atto una sorta di diffusione di un sentimento di cattiveria gratuita che sembra addirittura piacere più della buona educazione.

Da non confondere con il pessimo buonismo – che invece diventa una filosofia che tutto giustifica, anche comportamenti inqualificabili – la buona educazione è ad esempio quella di cedere il posto sui mezzi o in sala d’attesa ad anziani, donne incinte, persone con difficoltà deambulatorie; aiutare giovani donne o anziani a trasportare la spesa, casse d’acqua, pesi ingombranti; salutare con un sorriso e un buongiorno i vicini, intavolare una breve discussione in ascensore, dire “grazie”, “prego”, “mi scusi”, “si figuri”, “di niente”, “permesso”, “per favore”, oppure perché no, dare un bacio a vostra moglie/marito/compagno/mamma/papà/nonno/nonna senza un motivo apparente, solo per dimostrare un po’ di affetto.

E invece, siamo sempre incazzati. E non tolleriamo più niente e nessuno. Una donna entra in un noto negozio in carrozzina e una persona esclama: “già siamo stretti, ci mancava pure quella con la sedia!”. Aberrante.

Se una donna incinta salta una coda, al supermercato come ad un pubblico ufficio, nel rispetto della legge, sono più gli sguardi di odio che quelli di gioia per il pargolo in arrivo. Terrificante.

Se una persona con difficoltà motoria nell’attraversare la strada perde un attimo più di tempo, gli suoniamo irritati. Vergognoso.

E in questo contesto non voglio nemmeno toccare l’argomento della buone educazione online, un universo che puzza come una cloaca, pieno di leoni da tastiera che, di fronte allo sputtanamento dal vivo, poi diventano pecorelle.

Io lo so perché siamo incazzati: i soldi, i pagamenti, le tasse ecc. Ma quando pensiamo a cosa possiamo fare per migliorare il mondo, non immaginiamoci come statisti che governano i popoli; pensiamo ad essere più gentili prima di tutto con chi ci sta attorno e poi anche con gli estranei. Sono convinto – ma qui si entra forse nell’utopia – che una grande cambiamento può iniziare soltanto dopo un gesto di gentilezza.

A proposito: grazie per avermi dedicato qualche minuto del vostro tempo!

Faccio cose, vedo gente…mi occupo di comunicazione!

L’improvvisazione e la scarsa professionalità, che brutte bestie!

La lingua batte dove il dente duole, dicevano gli antichi, ma proprio non ce la faccio  a starmi zitto, non ce la faccio ad assistere inerme alla decadenza di un ruolo importante, quello del comunicatore.

Senza entrare nel merito delle pur grandi differenze che passano tra i vari mezzi di comunicazione, in tutti i casi è richiesta comunque la professionalità minima per poter acquisire una certa autorevolezza.

E se nel caso della stampa “tradizionale” ci pensa l’appartenenza all’Ordine dei Giornalisti a fare da filtro, in altri ambiti è l’improvvisazione e la legge della giungla a regnare, con i risultati che spesso si possono vedere.

“Faccio comunicazione” diventa allora la formula magica con la quale personaggi senza arte né parte vanno in giro mendicando oboli a sprovveduti imprenditori, convinti che l’investimento promozionale non sia appunto un investimento ma piuttosto una spesa inutile, per la quale destinare un budget misero.

E vai allora con il social manager improvvisato, quello che condivide contenuti poco interessanti (se va bene) o che comincia a taggare come un folle tutto il taggabile, alla ricerca di qualcuno che gli dia retta.

C’è poi l’addetto stampa farlocco, il mio preferito, quello che manda un comunicato (in violazione della legge) dicendo che il suo prodotto/evento è il migliore, sperando che qualche testata glielo pubblichi per sfinimento.

Ci sono poi i webmaster che fanno i siti tutti uguali, cambiando solo intestazione e colori di base; i copywriter e i content manager che riciclano i contenuti, fino agli pseudo-influencer che si atteggiano anche se hanno un pubblico fuori target per la gran parte delle aziende con le quali collaborano.

Ripetiamolo ancora una volta: la comunicazione è una cosa seria! Se stai dando 50 euro al mese a qualcuno per “curartela”, sappi che stai buttando quei soldi. Tanto vale darli in beneficenza, saranno stati molto più utili!